Sale degli Horti Lamiani

Ubicati nella zona più alta dell'Esquilino, nell'area intorno all'attuale Piazza Vittorio Emanuele, gli Horti Lamiani furono fondati dal console Elio Lamia, amico di Tiberio, e passarono ben presto (già con Caligola) a far parte delle proprietà imperiali. 

Museo del Palazzo dei Conservatori - Sale degli Horti Lamiani

Della lussuosa decorazione del vasto complesso edilizio, messo in luce dagli scavi ottocenteschi e poi ricoperto, oltre agli affreschi e agli elementi architettonici in marmi colorati sono stati rinvenute innumerevoli laminette sbalzate in bronzo dorato con gemme incastonate, resti di un prezioso rivestimento parietale. Ne facevano parte anche importanti gruppi statuari, come la famosa Venere Esquilina affiancata da due sacerdotesse o Muse e il ritratto di Commodo come Ercole fiancheggiato da tritoni.

Gli Horti Lamiani occupavano anticamente la zona dell’ Esquilino ora limitata da piazza Vittorio Emanuele, via Merulana e viale Manzoni. Il fondatore viene identificato in Lucio Elio Lamia, console nel 3 d.C., amico personale di Tiberio e discendente da una nobile stirpe che faceva risalire le sue origini al mitico Lamo, eroe greco fondatore di Formia: una famiglia importante quindi, che seguì Mecenate nel recupero urbanistico dell’Esquilino, fino ad allora occupato da un sepolcreto. Le fonti letterarie tramandano che gli horti Lamiani già nel I secolo d.C. (con Caligola) erano di proprietà imperiale: forse lo stesso Elio Lamia aveva lasciato la villa in eredità a Tiberio, assiduo frequentatore dei giardini dell’Esquilino.

Gli scavi ottocenteschi hanno rimesso in luce i resti di un vasto complesso edilizio: tra gli edifici più notevoli un’immensa struttura a forma di teatro, probabilmente una fontana monumentale con effetto scenografico sulla valle sottostante; un portico sul quale si affacciavano ambienti con affreschi di giardino; una serie di ambienti termali decorati da preziosi marmi colorati; una stupefacente galleria sotterranea lunga quasi ottanta metri, che suscitò la meraviglia degli scopritori per la ricchezza della sua decorazione: aveva infatti il con pavimento realizzato con le più rare qualità di alabastro (del quale rimane solo una porzione), era decorata da preziose colonne in giallo antico che avevano basi e capitelli di stucco dorato; altri ambienti dello stesso complesso avevano pareti rivestite da lastre di ardesia nera decorate da arabeschi dorati, oppure erano allietate da giochi d’acqua.

Un lusso stupefacente, degno di un imperatore “eccessivo” come Caligola, e ulteriormente confermato dal ritrovamento di innumerevoli laminette di rivestimento parietale in rame dorato all’interno delle quali si inserivano gemme delle più diverse qualità: un esempio unico dello splendore decorativo la cui eco si conserva in alcune pitture pompeiane (come ad esempio nella villa di Oplontis) e nel quale si deve probabilmente riconoscere il fastoso apparato ornamentale di un ambiente destinato al culto imperiale.

In una camera sotterranea fu ritrovato un gruppo di sculture notevolissimo per numero, qualità artistica e stato di conservazione. Fra queste la splendida Venere Esquilina insieme alle due statue femminili che l’accompagnano, il notevole torso di Dioniso disteso probabilmente parte di un complesso più ampio, il gruppo di Commodo come Ercole, vero capolavoro della ritrattistica romana, fiancheggiato dalle statue di Tritoni in un’allegoria dell’apoteosi dell’imperatore.

Statua di Venere Esquilina
Scultura
Prima età imperiale
Busto di Commodo come Ercole
Scultura
180-193 d.C.
Torso di tritone o centauro marino
Scultura
180-193 d.C.
Torso di tritone o centauro marino
Scultura
180-193 d.C.
Testa di centauro
Scultura
Età tiberiana
Fascia in bronzo dorato con gemme
Gioiello, gemma, sigillo