Sala III - Venezia e il suo territorio: il Cinquecento
In questo ambiente sono riuniti i quadri provenienti da Venezia, uno dei centri maggiori del Rinascimento italiano, dove vissero alcuni dei massimi artisti italiani di ogni tempo. Capitale di una florida e potente Repubblica, governata dai Dogi, Venezia è stata l’unica città ad esprimere una proposta pittorica alternativa allo stile rinascimentale umbro-toscano.
Per molti secoli lo stato veneto (la “Serenissima Repubblica”) era rimasto estraneo alle vicende culturali e politiche italiane: i suoi interessi erano altrove, in paesi lontani - dalle sponde orientali del Mediterraneo fino alla Cina - con cui la città intratteneva da tempo ricchi rapporti commerciali. La progressiva avanzata dei Turchi, culminata con la caduta di Costantinopoli nel 1453, avevano rivolto Venezia verso l’Italia, spingendola a conquistare il proprio entroterra fino alla Lombardia (Bergamo, Brescia). In poco tempo, dalla seconda metà del Quattrocento, Venezia si riallinea con la ricerca artistica italiana, diventando uno dei massimi centri del Rinascimento. A partire dalla lunga carriera di Giovanni Bellini (un suo Ritratto di giovane è conservato nella Galleria Cini) gli artisti veneziani abbandonano gli schemi disegnativi e spaziali della pittura dell’Italia centrale e concentrano la propria attenzione sull’uso del colore e della luce, con risultati di altissimo livello espressivo. La lezione di Bellini - insieme a quella di Giorgione, morto a poco più di trent’anni durante la peste del 1510 - è alla base della splendida produzione pittorica di Tiziano, di cui è esposta una tavola giovanile con il Battesimo di Cristo: il committente Giovanni Ram, un mercante spagnolo che viveva a Venezia, viene raffigurato in basso a destra, mentre assiste alla scena sacra, che si apre su un delicato paesaggio (il bianco e il rosso dei panni in basso a sinistra concentrano l’attenzione e fissano le distanze). Coetaneo di Tiziano è il tormentato Lorenzo Lotto, vero genio incompreso, che lavora in diversi centri italiani e muore in miseria a Loreto; il suo Ritratto di Balestriere – identificato in “Mastro Battista di Rocca Contrada”, l’attuale Arcevia - è un’opera tarda, che il pittore dipinge in un momento di disagio materiale e morale. Suggestionato proprio dalle opere lombarde di Lotto, il bresciano Giovanni Girolamo Savoldo dipinge a Venezia il Ritratto di donna, intriso di naturalismo (sulle opere di Lotto e Savoldo, decenni dopo, avvenne l’iniziale formazione di Caravaggio).
Artefice di quello che sarà poi definito il “fare grande” della pittura veneta, Veronese -soprannome di Paolo Caliari, derivato dalla sua città natale - combina una raffinata eleganza formale con un uso disinvolto e innovativo del colore, come nella grande tela con il Ratto d’Europa (replica autografa di un’opera con lo stesso soggetto conservata oggi nel Palazzo Ducale di Venezia), dove il mito – la giovane Europa rapita da Giove sotto di forma di toro, e condotta di la del mare, nella terra che da lei prenderà il nome - viene raccontato in ogni sua fase, focalizzando l’attenzione sulla sensuale figura di Europa, riccamente vestita.
Tra i più tardi esponenti della pittura del Cinquecento veneto, Domenico Tintoretto impiega molti anni a rendersi autonomo dalla suggestione che su di lui esercitava lo stile del padre, Jacopo Tintoretto, come rivelano i tre grandi dipinti con episodi della vita di Cristo (Battesimo, Flagellazione, Coronazione di spine). Nella Maddalena penitente, che Domenico firma con un certo orgoglio professionale, i segni della penitenza e della devozione religiosa (il crocifisso, il teschio, la luce divina dall’angolo in alto a sinistra) sono in netto contrasto con la struggente bellezza della santa.
Lorenzo Lotto (Venezia 1480 ca. - Loreto 1556)